Cosa c’è del mondo da salvare, oggi? In un mondo, così vicino alla catastrofe globale, è difficile non interrogarsi sul senso dell’esperienza della bellezza. Nell’oscura confusione della sensibilità in cui è dispersa la singola esistenza, come riuscire a identificare «il paradigma della bellezza», in grado di abilitare un senso, un’intelligenza del presente? Come fare dell’esperienza estetica un’impresa orientata a quei valori fondanti la nostra tradizione culturale – l’utile, il bene e il vero – con cui progettare la convivenza umana?
Per Roberto Imperiale, «la bellezza è il frutto di una ricerca drammatica» quotidiana. Una ricerca, che è un “lavorare” non sull’evidenza razionalista di una verità del mondo ma sulla sua radicale incertezza, a partire dalla messa in discussione della nostra stessa credenza circa ciò che è utile, buono e vero. E non senza praticare quel grande gioco del linguaggio che l’ironia e l’autoironia.
Questa “messa in dubbio” dell’esistente non può essere un’impresa privata, ma quella di una comunità dialogante, capace di comunicare la bellezza, per la realizzazione di una nuova progettualità della vita sociale. Una progettualità, che sappia mettere insieme – ma come? – politica ed educazione, perché è «la prevalenza della modalità pedagogica», nella soluzione del problema di dare senso all’esistenza propria e del mondo, la condizione per abilitare il singolo individuo in prima persona (io), e i giovani soprattutto, a “prendere in mano” il presente, non il futuro, del mondo.
(8, fine)