Christiania nasce nell’anno 1971 con l’occupazione da parte di un gruppo hippy di un quartiere di Copenaghen, una base navale dismessa, costituita da edifici militari abbandonati. L’occupazione viene ufficializzata con la proclamazione della Città Libera di Christiania. È la storia di un esperimento sociale di autogestione collettiva. Per quarant’anni lo status legale della comunità è rimasto indefinito, e ripetuti sono stati i tentativi, senza successo, del governo danese di espellerne gli occupanti.
“Il 1º gennaio 2006 la cittadella ha perduto il suo statuto speciale di comunità alternativa. Il 19 maggio 2007, a 36 anni dalla sua nascita, la polizia ha distrutto uno dei primi edifici, fatto che ha scatenato un vivo conflitto con le forze dell’ordine.
Il 22 giugno 2011, a quarant’anni dalla fondazione, è stato raggiunto un compromesso con i circa mille residenti. Il modello elaborato dal Ministero della Difesa di Copenaghen prevede infatti il diritto di usufrutto sul quartiere occupato e autogestito (35 ettari), a condizione che gli abitanti acquistino attraverso un fondo l’intero complesso residenziale per 76,2 milioni di corone danesi, l’equivalente di circa 10,2 milioni di euro.”*
Che cosa caratterizza la radicalità dell’esperienza di Christiania? Quali principi regolano la convivenza, il senso di comunità, con i suoi processi di decisione e di inclusione della diversità, della marginalità e del disagio sociale ed esistenziale? Cosa succede quando su una tale esperienza si innesta un processo di “normalizzazione”, di istituzionalizzazione e di regolamentazione capitalistica?
E dopo essersi trasformata in «una Disneyland della cultura hippy» (Alberto Vanolo), l’esperimento sociale di Christiania in cosa riesce a conservare ancora la sua fascinazione?
* https://it.wikipedia.org/wiki/Christiania
(4, continua)
Video appartenente alla cena:
Cena Nº104
L’immagine delle città. Alcune riflessioni sulla politica della rappresentazione
con Alberto Vanolo