Una legislazione sulle funzionalità dello smartphone – dalla raccolta dati all’utilizzo delle sue applicazioni – non solo è possibile ma necessaria, almeno là dove la ricerca ne rileva aspetti critici. Lo smartphone è un oggetto multiforme, dalle prestazioni molteplici, ma non infinite, ed è quindi possibile un intervento normativo, funzione per funzione, applicazione per applicazione. E, al riguardo, le app, il cui uso è prevalente, sono social media (FaceBook, Instagram, X Whatsapp e poche altre).
Ma per quale motivo la legislazione risulta di fatto così in ritardo? È vero che il tempo della politica, nella costruzione di un impianto normativo, il più delle volte si rivela poco adeguato ai tempi di sviluppo dell’innovazione tecnologica. C’è però anche una questione di disparità di risorse tra il potere pubblico e i colossi privati delle piattaforme digitali, soprattutto per la loro capacità di pressione lobbistica.
In definitiva, per Juan Carlo De Martin, il ritardo legislativo è riconducibile al fatto che «ogni secondo passato a guardare lo schermo dello smartphone è denaro, è un profitto per qualcuno» – è un potere che non sta appunto in mano a chi ne fa uso.
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