Il potere dello smartphone, una tecnologia attiva della comunicazione progettata per generare dipendenza

La nostra sovranità sull’oggetto-smartphone è dunque molto condizionata. Ma come spiegare il potere del dispositivo sulla nostra vita, sempre più crescente al crescere del suo utilizzo? Il suo impatto sugli utenti è davvero riducibile alla sua funzionalità operativa, pratica? O, non invece, anche al bisogno umano di “essere altrove” – di appagare un desiderio di distrazione o, addirittura, di dissociazione dalla realtà immediata?

È, questo, un potere di evasione che, come osserva Juan Carlo De Martin, appartiene alla storia delle moderne tecnologie della comunicazione, dall’invenzione del libro a stampa e attraverso il romanzo fino ai più recenti mass media (radio, cinema, telefono, televisione).

Cosa distingue lo smartphone dalle tecnologie della comunicazione precedenti? Due le proprietà che, per Juan Carlos De Martin, conferiscono allo smartphone il valore di un’innovazione inedita. La prima: è una “tecnologia attiva”, è un oggetto che, mentre viene consumato, al tempo stesso consuma il suo utente, è finalizzato all’estrazione di dati comportamentali dell’utente; la seconda: è una tecnologia che genera dipendenza, ma una dipendenza che è l’esito di una deliberata intenzionalità progettuale – è un oggetto fatto apposta per “aggredire” l’utente.

Il potere dello smartphone fa dunque leva, per così dire, sulla nostra condizione di creature vulnerabili, sulla nostra fragilità di esseri bisognosi di ricompensa, di piacere, di esseri dipendenti dal desiderio di felicità? In ogni caso, le nuove conseguenze sulla nostra vita corporea e mentale, prodotte dall’introduzione dello smartphone nella società, non possono essere che oggetto di un apprendimento per la società stessa. Ma in quanto si tratta di relazioni, di nuove forme di socialità, quali linee di azione è possibile riscontrare nei processi della loro normazione, della loro regolazione?

(4, continua)

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