In un mondo senza speranza… «non c’è alternativa, bisogna battersi»

Un’introduzione, questa, lunga. Ho sentito il bisogno di restituire l’intensità di una conversazione – un confronto generazionale sui problemi del mondo e il loro intrecciarsi con le urgenze personali – che fa del piacere della tavola un luogo di vita, dove si ride e si piange insieme. (11 giugno 2025)

La situazione è grave. E il mondo, così com’è, non va bene. Un mondo, almeno per le giovani alla tavola, senza speranza. Ci hanno tolto la capacità più grande, quella di immaginarci il futuro (Francesca Tisi), un futuro desiderabile. In questa condizione, come è possibile elaborare un orientamento, per costruire un senso, per dare una direzione alla propria vita? È possibile avere un qualche punto di riferimento, per almeno sapere dove ti trovi (Federica Campus) nel mondo?

Negli anni ’60, per i boomer presenti alla tavola, è dalle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, è da lì, che le cose hanno cominciato a evolversi in una presa di coscienza (Giorgio Griziotti). Forse oggi, le proteste per la Palestina possono svolgere una funzione analoga, di costruzione di una coscienza collettiva.

Non ho speranza – ancora Federica – ma devo comunque fare qualcosa. Ma dove sta il punto cui applicare il cambiamento, per uscire dalla paralisi? Per Federica, sta nella capacità di provare interesse per ciò che accade – dal latino, appunto, interesse = essere in mezzo, partecipare, importare (inter = fra, esse = essere), cioè là dove si verifica una più evidente coincidenza tra valore cognitivo e valore affettivo nel proprio orientamento per le cose del mondo.

Il fatto è – e ciò accomuna le generazioni presenti alla tavola – che al rifiuto di far finta di vivere altrove (Federica), all’aspirazione a una vita più intensa, qui e ora, si accompagna più spesso la coscienza della durezza della realtà, della vita limitata – di una «vita di merda». Un irrimediabile dissidio tra la vita attesa e la vita offerta, anzi permessa, nel contesto della società attuale.

In crisi è l’orientamento sociale di un individuo, la sua fioritura, la sua prosperità personale, nei diversi contesti della sua vita sociale. È l’attuale contingenza della società capitalistica che non riesce a dare pieno sviluppo a quelle potenzialità di cui è essa stessa a dotare un individuo, anzi, le blocca, per poi vincolarne l’espressione all’inutilità sociale. Vai all’università, ti formi, ti arricchisci e poi alla fine rimani lì, e dici: adesso di tutta questa consapevolezza cosa me ne faccio? (Francesca).

Quindi, niente, non c’è alternativa. Bisogna battersi. Perché tutta la difficoltà che ci può essere nell’atto di resistenza – della militanza, delle lotte – è una cosa grossa, è una cosa che dà molto… è un “bagaglio”, è un apprendere, che ti permette di pensare e di vivere e di muoverti (Giorgio) nel corso del tempo. Ma resta la domanda cui non c’è risposta: Come riuscire a  passare all’azione? Forse oggi serve anzitutto creare un nuovo immaginario, e poi riuscire a trasformarlo, cioè a metterlo in azione (Arianna Perruquet). Dunque, aprirsi al senso della possibilità, che è generativa di trasformazione.

Ma qual è la modalità, la forma in cui riusciamo a fare una pratica costruendo una teoria in modo che la cosa si incrementa, prende forma, e non è solo un esplosione, per diventare “senso comune”. Oltre alla riflessione globale attuale sul materialismo storico, da coniugare con “i nuovi materialismi”, per Giorgio Griziotti, non è possibile oggi fare a meno, per costruire una comprensione del presente, dell’apporto della filosofia derivata dalla meccanica quantistica. Una nuova risorsa teorica, che ci può aiutare, ci può aiutare.

(7, fine)

Video appartenente alla cena: