In viaggio con il Boomernauta: tra distopia del presente e rivoluzione dell’immaginario

Perché è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo? Così, almeno, secondo la nota provocazione attribuita a Frederic Jameson, e resa famosa da Mark Fisher. Davvero, il sistema esistente, il capitalismo – il cui effetto di realtà sul mondo del vivente, sulla sua riproduzione materiale, non consente di immaginare un’alternativa – è il solo orizzonte di senso possibile entro cui pensare la convivenza?

Cosa succede se al presente si applica un processo potente di immaginazione? A introdurci in questa dimensione immaginativa, il Boomernauta, un viaggiatore del tempo, proiettato nel futuro da un anatema (“Ok boomer!”) lanciato da un “strega millennial”. E grazie al resoconto – una fabula speculativa, termine preso in prestito da Donna Haraway – di un viaggio futuribile, che ne ha fatto a tavola Giorgio Griziotti, è stato possibile gettare uno sguardo su scenari di un futuro distopico che è già il nostro presente: il governo tecnocratico del mondo (la «governance quantistica»), la catastrofe ecologica della biosfera (la «setticemia di Gaia») e l’attivismo resistente di movimenti dal basso (la «sfera autonoma»).

Di fronte a questo scenario di crisi, quale rivoluzione serve? Quale “realtà alternativa” è possibile far emergere a partire dall’esplorazione di «nuovi materialismi» – quale è, ad esempio, l’interpretazione di Karen Barad della fisica quantistica? A partire, cioè, da un nuovo “immaginario”, che ci abiliti a pensare, in chiave non antropocentrica, la condizione di possibilità, l’interfaccia, che connette “umano” e “non-umano”, “vivente” e “non-vivente”, a pensare cioè la materialità della convivenza, dell’interdipendenza reciproca, che a sua volta è ciò che ci abilita a stare in un mondo.

(1, continua)

Video appartenente alla cena: