La didattica per competenze: la trasferibilità dei saperi – in direzione di quale mondo?

La scuola non è un blocco uniforme. «A scuola ci sono tantissime realtà che si pongono in aperto contrasto rispetto all’idea di società dominante e lo fanno attraverso la didattica, lo fanno anche attraverso la didattica per competenze» (Cristiano Corsini). Ma che cos’è la didattica per competenze? Da approccio didattico della pedagogia attiva, come pratica trasformativa, si è finito per darne una rappresentazione in chiave aziendalista – del “bravo esecutore” – , e per ricondurla a sistema di valutazione.

La didattica per competenze – quella di Francesco De Bartolomeis, di Mario Lodi e altri – è «la capacità di orchestrare e di usare la conoscenza disciplinare» – conoscenza, che, per essere acquisita davvero, la si deve usare per affrontare situazioni problematiche e, soprattutto, significative per chi apprende. La didattica per competenze non confina la competenza di apprendere alla sola competenza di studio, dentro la pagina di un libro, al contrario, è la sua messa in gioco in contesti diversi, dal mondo del lavoro all’esercizio di cittadinanza. E si fa carico della trasferibilità dei processi che avvengono dentro la scuola nella vita reale, e viceversa.

Oggi, segno di una crisi del monopolio formativo della scuola, molti apprendimenti avvengono fuori dall’aula. La questione è allora come fare a usarli, per ridefinirne la direzione, per costruire un approccio più critico alla realtà. Quale didattica è necessaria, per riuscire a orientarsi in un mondo complesso?

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