Come definire la materia geografica, della cui visibilità facciamo esperienza? Nel fare riferimento a questa dimensione oggettiva dell’esperienza, è opportuno ricorrere all’espressione di forma geografica: «un’associazione di elementi che stanno nello spazio, naturali o antropici, un’associazione organica», organizzata e disposta in modi specifici e riconoscibili, al punto che ad essa si assegna culturalmente un nome.
C’è un’espressività propria della forma geografica. Il punto è, per Paolo Furia, che l’esperienza estetica che ciascuno se ne fa non è solo un costrutto culturale e non è solo un fatto di sensibilità individuale, ma è il segno di una potenza performativa autonoma della forma geografica. È una realtà che si manifesta, che si trasferisce nella rappresentazione e che organizza l’esperienza del soggetto, un’esperienza che a sua volta solo può essere restituita per via semiotica, in forma cioè di rappresentazione.
Qual è allora la funzione della forma geografica nella costruzione della nostra esperienza?
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