Limiti dello sviluppo e bisogni da accrescere

Non ci sono solo i bisogni propri, ma anche i bisogni degli altri.  C’è il bene per sé e c’è il bene per gli altri, da soddisfare. E, in definitiva, identificare cosa c’è nel bisogno degli altri, che ci riguarda, è parte della formazione di un linguaggio comune del bene. È una faccenda di reciprocità.

C’è un genere di bisogni che si esprime nel linguaggio dei diritti (politici e sociali): i beni essenziali, bisogni di civiltà, come si dice oggi, in difesa dall’attacco che la “crisi” economica globale sta portando all’idea stessa che quei bisogni siano un diritto.

È un linguaggio che si richiama all’appartenenza a un’identica natura di specie, a ciò che si ritiene necessario per realizzare le potenzialità della natura umana. Ma in realtà:

«La nostra natura non contiene in sé nulla che ci dia il diritto ad avere qualcosa, e tuttavia siamo l’unica specie che ha la capacità di creare e trasformare i suoi bisogni, l’unica specie che ha una storia dei bisogni» (Michael Ignatieff)

Dunque il linguaggio dei bisogni è un linguaggio storico e relativo. Allora forse riconoscere che avere bisogno degli altriè esso stesso un bisogno rappresenta oggi un passaggio (tragico?) nel processo della nostra educazione al bisogno – per apprendere cioè a realizzare la nostra natura umana.

* Durante la cena si è spesso fatto riferimento alle tesi del libro di Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers, William W. Behrens III, I limiti dello sviluppo. Rapporto del System Dynamics Group, Massachusetts Institute of Technology (MIT) per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità, Milano, 1972, di cui il film Ultima chiamata, scritto e diretto da Enrico Cerasuolo, racconta la storia (http://www.lastcallthefilm.org/it).

(2, fine)

Video appartenente alla cena: