Spaesamento: per pensare lo spazio che abitiamo

In un mondo in cui l’immagine genera un senso di “presenza” di qualsiasi spazio – a distanza –  della terra, è ancora possibile l’esperienza dell’altrove? E cioè quell’esperienza dello spaesamento che “rappresenta l’impatto dell’altrove sulla nostra sfera sensibile”, un impatto che è in grado di stupire, di mutare lo sguardo, di imprimere una nuova direzione alle nostre vite, di generare nuove idee e una visione di futuro. O, non invece, l’immagine si rivela un surrogato della realtà geografica, del radicamento spaziale, territoriale del nostro stare al mondo?

Per Paolo Furia, il tema dello spaesamento, nonostante la forte copertura mediatica dei luoghi, e forse proprio per quello, è tutt’altro che esaurito. Esiste cioè ancora la possibilità di sperimentare l’alterità (l’altrove) e di viverla come una ricchezza del soggetto dell’esperienza, nel presupposto di essere disponibile a non lasciarsi solo guidare dalla dominanza dell’immagine.

Com’è allora possibile fare l’esperienza dello spaesamento nell’epoca della globalizzazione, dell’instagrammabilità del mondo? E scoprire così quella  “svolta spaziale” (spatial turn), che fa dell’esperienza geografica un’esperienza estetica in grado di aprire il nostro stare al mondo a una nuova dimensione di conoscenza.

(1, continua)

Video appartenente alla cena: