Una nuova pedagogia: creare un corpo-teatro

Che cosa impedisce di capire che la poesia, la musica (da μουσικη, mousiké, l’arte delle Muse), ovvero la composizione, non di nozioni, ma del nostro modo di stare al mondo è il problema politico dell’educazione?
Che poi, per Antonio Attisani, è il problema del corpo – dei corpi , della loro “condizione”, il cui “guardare” istituisce un mondo, una condizione costitutiva di teatralità: “prima… c’è il corpo” (Jean–Luc Nancy), il corpo-teatro*.

È il problema delle potenzialità del corpo, dell’universalità e della versatilità delle sue relazioni e delle sue capacità, la cui “espressione” è, per la maggior parte degli individui, soggetta a una limitazione, spesso intollerabile, data da una modalità di convivenza, e da un sistema educativo appunto, che limita l’accesso alla “creatività” della vita, e genera un’enorme disuguaglianza nel suo godimento.

Come creare allora un corpo-teatro? Una pedagogia del farsi teatro del corpo? Ai fini della costruzione di un corpo-teatro, occorre indagare anche altrove, alla scoperta di tesori racchiusi nella tradizione di altre civiltà: come alla radice ṛt che, in lingua sanscrita, compone quattro fondamentali parole – rito, arte, ritmo, diritto – la cui compresenza in ogni situazione delimita il senso del governo della vita, di sé e degli altri, e la cui mobilitazione è in grado di scongiurare il caos – il “casino cosmico” – la complessità, altrimenti ingovernabile, del mondo.

È dunque necessario imparare a “fingere”, come fa il grande attore, non a “simulare”, e cioè alla lettera “fare figure”, “incorporare” invenzioni, creare immaginazioni, per pervenire alla progettua­lità riflessiva, consapevole della nostra convivenza?

* L’etimologia della parola teatro ci riporta alla radice th- da cui il greco  ϑεάομαι (theaomai) = io guardo, io sono spettatore. Dalla stessa radice deriva anche il verbo greco θεωρεω (theoreo) = osservare, comprendere, intendere (da cui la parola teoria)

(3, continua)

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