Che cosa è una storia? E una storia da cambiare?

Che cos’è una storia, che un uomo può raccontare; e che cos’è un uomo, che può raccontare una storia?

La costruzione di sé oggi sembra essere a rischio. È un tempo, questo, che davvero ostacola la formazione un’identità di sé stabile.
A quale criterio di connessione, di unificazione, affidarsi per comporre una coerenza, della propria vita, sempre aperta a nuove esperienze, in un continuo divenire?

Ma che cosa è una storia? E una storia autobiografica?
Forse è utile citare Gregory Bateson:

Una storia è un piccolo nodo o complesso di quella specie di connessione che chiamiamo pertinenza. […] a mio avviso un qualunque A è pertinente a un qualunque B se A e B sono entrambi parti o componenti della stessa ‘storia’. […] Che cos’è una storia che possa connettere gli A e i B, sue parti? ed è vero che il fatto generale che le parti sono connesse in questo modo sta alla radice stessa di ciò che è l’esser vivi? Vi propongo la nozione di contesto, di struttura nel tempo. 

(G. Bateson, Mente e Natura. Un’unità necessaria)

Una storia è quindi un contenitore, un contesto di ricezione. Una storia autobiografica, un contesto per un vissuto che affiora dalla memoria, che si stabilizza in una connessione, attraverso una selezione pertinente di ricordi dell’esperienza, e che si riorganizza in una struttura, in una sequenza esperienziale, in una storia di sé, appunto. È un campo di forza che cattura i ricordi e fa assumere loro una nuova consistenza: ciò che prima giaceva in memoria come semplice dato, un frammento sensoriale, percettivo o emozionale, senza legame, si trasforma in parola, concetto e simbolo del linguaggio, il cui senso si applica alla nostra stessa vita; una trasformazione di cui noi siamo l’oggetto, lo strumento e, al tempo stesso, il soggetto di questa stessa pratica.

L’identità di sé è l’esito di questa pratica, di questa costruzione, a costo di essere rivedibile, molteplice, “al plurale”, di più storie di sé, nella successione del tempo. Ognuna è espressione di uno sforzo continuo di assemblaggio, è un collage che si compone per stratificazioni successive rivolto al mondo della nostra interiorità. Questo il prezzo oggi da pagare per la conquista di un senso di continuità e di scopo, di coerenza, di quella connessione che «sta alla radice di ciò che è l’esser vivi» e che, a sua volta, ci colloca in quel più ampio contesto che è il nostro posto nel mondo. Dove forse ci sono storie da cambiare.

(3, fine)

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