«Comunismo di lusso»: emancipazione o liberazione dal tempo di lavoro (salariato)?

Una politica identitaria – un approccio politico di alcuni movimenti libertari, il cui obiettivo è affermare il carattere distintivo e di appartenenza a un gruppo di soggetti in condizioni di discriminazione o oppressione, e ottenere così potere e riconoscimento – è davvero sufficiente come progetto di emancipazione?

La rivendicazione dei diritti personali – di uguaglianza, di libertà e anche di proprietà (almeno di sé stessi) – si basa su un contesto di senso – l’universalità del concetto di persona*, dell’uomo in generale – che ignora la storicità di queste categorie e i processi storici di trasformazione delle condizioni economico-sociali.

Elisa Curer si chiede, con Karl Marx, se l’emancipazione basata sulla rivendicazione dei diritti della persona come dato naturale a livello universale sia sufficiente senza la liberazione del tempo di lavoro dominato da una dinamica storica  – il modo di produzione capitalistico – il cui risultato è proprio quella stessa forma di soggettività.

Rivendicare un «comunismo di lusso» per la società intera significa denunciare che il tempo di lavoro come “unica misura e fonte della ricchezza” – un criterio di compatibilità con la sua valorizzazione capitalista – è diventato una “base miserabile” rispetto a una “nuova base che si è sviluppata nel frattempo”, la possibilità materiale di un libero sviluppo dell’individualità.

Non si tratta di ripartire dal bisogno, ma dal desiderio (senza sensi di colpa), perché la base della rivoluzione è già presente nella società, e sta nel risultato stesso, in continuo sviluppo, del sistema del capitale: “la riduzione del lavoro necessario della società ad un minimo, a cui corrisponde [già] la formazione e lo sviluppo artistico, scientifico ecc. degli individui grazie al tempo divenuto libero e ai mezzi creati per tutti loro.” (Karl Marx) Si tratta di spezzare in pratica quel nesso concettuale fondamentale, proposto da Karl Marx, che è il rapporto tra capitale e lavoro salariato: spezzare cioè la funzionalità del lavoro salariato all’esclusivo processo di valorizzazione che il modo di produzione capitalistico prescrive alle dinamiche dell’attività lavorativa, e all’esistenza tutta.

Ma questo è un problema per cui non sono gli individui, sono le classi i soggetti storici del processo di soluzione. La lotta per un Reddito Universale di Base ne è oggi una figura storica?

* La persona è la forma di soggettività imposta dal processo generalizzato dello scambio, il cui presupposto è l’indipendenza di ogni singolo partecipante al momento del suo ingresso nel processo di circolazione delle merci: libertà, uguaglianza sono le precondizioni del “libero” mercato. È un’ideologia individualistica che è il fondamento concettuale del modo di produzione capitalistico e della borghesia stessa.

(2, continua)

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