Il cambiamento climatico non è un problema tecnologico

Nell’aggravarsi della crisi climatica, il requisito dell’urgenza è ciò che, in teoria, dovrebbe soddisfare una politica pubblica ecologista. Ma, in realtà, cosa si sta realizzando per far fronte anche solo alla questione della transizione energetica? Oggi, il problema principale della politica energetica dell’Unione Europea – l’elettrificazione dei consumi e la diversificazione delle fonti – non è concepita come una riduzione del consumo di energia. La transizione economica verso le fonti rinnovabili non si presenta come sostitutiva delle fonti fossili, è semplicemente aggiuntiva, con il risultato di incrementare, anziché ridurre, le emissioni di CO2e.

È possibile immaginare un radicale cambiamento di stile di vita – una riduzione dei consumi, soprattutto nei paesi ricchi –  che l’urgenza climatica comporta? In effetti, il cambiamento climatico è un nemico pubblico subdolo, perché è un fenomeno globale che agisce in un tempo relativamente lungo e, là dove si manifesta a livello locale con il carattere dell’urgenza, agisce in modi così diversi, da non consentire una percezione, una presa di coscienza di un’esigenza collettiva, di un operare per una comune crescita sociale.

Per Emanuele Leonardi, la lotta al cambiamento climatico sta invece riproponendo l’emergere di una dimensione di classe – una classe lavoratrice nel suo insieme. Il senso di una comune appartenenza di classe, un compito politico complesso, dipende dalla comprensione del fatto che la vivibilità del pianeta non si risolve in un problema tecnologico, ma chiama in causa la finalità complessiva, la dimensione sociale del processo economico della transizione ecologica.

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