In arrivo / Cena Nº35 - Lunedì 21 novembre 2016

Dialogo sull’Amore: Io, Tu, Noi

con Paolo Fiore

Una ricerca condivisa di buone parole sull’Amore durante una cena fra conoscenti e sconosciuti che imparano a conoscersi e riconoscersi. (Paolo Fiore)

Le parole per dire l’emozione dell’amore a chi appartengono?
Sono parole che hanno una storia culturale, individuale e collettiva, una storia che modella, attraverso l’educazione, l’esperienza amorosa e, soprattutto, ne legittima l’espressione. Ma che cosa raccontano davvero quelle parole? Siamo ancora alle prese con il dubbio di Emma in Madame Bovary?

«Prima di sposarsi, aveva creduto di essere innamorata, ma la felicità che  avrebbe dovuto scaturireda quell’amore non era venuta, e lei pensava dunque di essersi sbagliata. Emma cercava di capire checosa si  intendesse in realtà con le parole Felicità, Passione, Ebrezza, che le  erano sembrate cosìbelle nei libri.»
(da Gustav Flaubert, Madame Bovary)

O, in epoca postmoderna, siamo diventati più cinici sull’amore?
Forse è ora di imparare a ricostruire le parole sull’amore, e salvare l’amore.

Ad aiutarci in questa impresa ci sarà Paolo Fiore.

1. Parole sull’amore da condividere

Da la Harper Philosophy sull’amore (da Andromeda, serie televisiva di fantascienza, 2003), un esordio un po’ cinico sull’amore: «L’amore non è che un cumulo di esagerazioni e bugie infiocchettate in un linguaggio pseudopoetico inventato preferibilmente da sbronzi, e tutto questo per il solo universale proponimento di… insomma…».
Parole da condividere?

Intanto, Paolo Fiore ha proposto le regole per condividere le parole della nostra esperienza sull’amore.

(1, continua)

2. Cos’è l’amore?

Paolo Fiore ci ha chiesto di dire: Cos’è l’amore.
Come ogni tema critico, condiviso dell’esperienza umana, se ci chiediamo che cos’è, lo sappiamo,  ma se ce lo chiedono, non sappiamo dire più di tanto.
Ma noi ci abbiamo provato lo stesso.

(2, continua)

3. Cos’è l’amore, ancora

Paolo Fiore ci ha invitato a «scrivere» insieme la parola amore, come per un’enciclopedia o un racconto di fiabe.
Dell’amore vero, dunque. Forse, perché l’amore ci riguarda, riguarda l’intera nostra vita.  Ed è la questione dell’altro, dell’incontro con l’altro, l’altro che è, ancora sempre, da imparare.

Una questione cognitiva? È un «sapere l’altro»? Oppure, una disposizione emotiva? Di fiducia nell’altro, che è ammettere appunto di non poter sapere tutto dell’altro, legittimato a «essere così com’è», per permettergli solo così di entrare a far parte della nostra vita.

(3, continua)

4. La corporeità dell’amore

A quali parole affidare la natura dell’amore? Dell’amore come intimità corporea, del contatto sensuale dei corpi.

Dall’esperimento sull’attaccamento sicuro di Harry Harlow (1958) al Vangelo secondo Gesù Cristo di José Saramago (1991), qualcosa c’è da imparare sul bisogno di amore che si esprime nella corporeità: la tensione di un desiderio che trascorre tra la cura e la lotta, nella ricerca di un punto limite nell’altro.

Nota: Per saperne di più sull’esperimento di H. Harlow: https://www.youtube.com/watch?v=OrNBEhzjg8I

(4, continua)

5. L’amore accade… (anche a c o n d i r s i)

Quale dunque la verità intorno all’amore?
Nel nostro conversare a tavola, siamo stati in grado di dire qualcosa di più della verità che dell’amore Socrate ci consegna già nel Simposio di Platone? Forse no. E, appunto, che nell’amore si fa esperienza del passaggio dal puro e semplice accadere di un incontro, come il nostro a tavola, una singolarità del caso, a qualcosa che possiede un valore più grande, forse, universale. Quello che per Socrate è l’idea della bellezza.

La bellezza che si è vissuto a tavola ci ha restituito a quella verità. Amore, l’eros  platonico, più che desiderio del bello, è desiderio di «creare e partorire nel bello». Ed è così che ognuno di noi, a suo modo, si è espresso a fine cena.

Ma, forse, ciò che, nell’oggi, è più facile riconoscere è che la nostra mente, per funzionare, per «generare nel bello», ha bisogno di imparare che è possibile fare esperienza del mondo a partire dalla differenza, la differenza che è l’altro, che siede con noi a tavola.

(5, fine)