In arrivo / Cena Nº61 - Lunedì 15 Luglio 2019

Sistemi complessi, da governare

con Giovanni Ferrero

I sistemi complessi possono, sovente, apparire semplici, quasi banali; ma sono sempre caratterizzati da comportamenti che emergono in modo inatteso dalla loro ingannevole semplicità. Un comportamento collettivo, che nasce dall’interazione di molti soggetti collegati in rete, o una regola semplice, che si ripete ricorsivamente, possono dar luogo a complessità inattese. Non c’è progetto, e l’ordine appare come per magia dal disordine!

La teoria della complessità è una teoria non riduzionista che attinge idee e fatti dalla fisica e dalla chimica, dalle scienze della vita e dalle scienze sociali. Ma è anche una corrente di pensiero che ha radici in culture antiche, precedenti la cultura greca che abbiamo posto all’origine del pensiero occidentale.

In che misura  la complessità costituirà un elemento della nuova economia, della nuova società segnata dalla presenza di macchine che manipolano informazione, conoscenza? Molti dei pensieri che provano a spiegare il mondo in cui viviamo, ed in primo luogo quello che abbiamo prodotto con il nostro agire, possono essere capiti solo con la simulazione affidata a macchine. E allora come si governa un mondo complesso? La cosiddetta intelligenza artificiale ha qualcosa in comune con quella umana? Il dilagare delle macchine lascerà spazio al nostro essere felici?

Giovanni Ferrero avvierà la conversazione a tavola, proprio a partire dalla domanda su cosa rappresenta il disegno allegato, e la proseguirà con lo svelarne gli arcani significati.

1. Un gioco per capire cosa sono i sistemi complessi

Un gioco di società, per capire cos’è un sistema complesso.
O, per lo meno, su proposta di Giovanni Ferrero, una sua rappresentazione visiva, un grafo ad albero. Una specie di grappolo, fatto di nodi e di linee che li connette l’uno all’altro attraverso una e una sola strada. È la cosa cui più sembra somigliare la rete informatica di Internet.

Se n’è esplorato le principali proprietà matematiche. Per scoprire cosa?
Che quelle proprietà non sono così lontane dal mondo reale. Un mondo la cui realtà supera di gran lunga la nostra capacità di previsione, non risponde al nostro senso convenzionale dell’ordine del mondo. È quello delle dinamiche degli eco-sistemi, delle catastrofi, degli automi cellulari, dei frattali, insomma, dei sistemi complessi. Ma non riguarda solo i fenomeni naturali – come i terremoti, le alluvioni o le epidemie –, riguarda anche i fenomeni della vita umana. Ad esempio, quelli dell’economia. Ed è un mondo che non ci aspettiamo.

Al riguardo, quel grafo sembra descrive un passaggio d’epoca. È la descrizione di come oggi avviene la distribuzione della ricchezza, in un mondo dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, secondo la logica semplice del “piove sempre sul bagnato”.

È il segno di un cambiamento del sistema fondamentale della produzione e distribuzione della ricchezza. E appartiene all’ordine di grandezza della storia umana.

È un cambiamento che è possibile imparare a governare?

(1, continua)

2. Un sistema complesso, un modo di pensare per storie

La caratteristica chiave di un sistema complesso – come il disegno della rete della cena, un gioco – sta nella sua forma. È una forma generativa, in grado di descrivere un processo dinamico, che accade in assenza di progetto, di valori universalmente condivisi – espressione, quindi, di dinamiche di cambiamento delle relazioni tra le parti e, in sostanza, di transizioni profonde.

E tutto ciò sta nella forma del sistema, la sua rappresentazione, indipendentemente da cosa vi si rappresenta al suo interno. È il modello di una «storia che connette», di un contesto che si genera attraverso la dinamica stessa delle sue relazioni, che, per quanto semplice, produce un cambiamento inatteso. E ciò cui può assomigliare di più è la costruzione di un termitaio.

Per Giovanni Ferrero, un sistema complesso è allora un invito a pensare in termini dinamici, perché, altrettanto, «molte delle cose che noi generiamo come specie umana» mostrano di avere quella stessa topologia: quella di una rete che genera un sistema compatto in quanto presenta una distribuzione di nodi tale per cui pochi nodi – i casi anomali o soggetti – detengono moltissimi legami e che, in sostanza, connettono il sistema.

Ma, allora, è possibile un passaggio – in atto oggi da un’economia industriale a un’economia della conoscenza – che non proceda solo alla maniera di un termitaio?

(2, continua)

3. La dinamica di un sistema complesso e il problema dei legami sociali

Il mondo su cui l’Occidente ha costruito il suo dominio globale è, per Giovanni Ferrero, alla sua fine. Siamo sulla soglia di un nuovo mondo, non più gerarchico e ordinato, ma segnato dalla complessità di tensioni e negoziazioni crescenti.

Come allora vivere questa evoluzione? Il suo esito è già scritto? O, invece, contiene una possibilità generativa di trasformazioni inedita? Quale valore l’esperienza umana – e l’esercizio della volontà – vi gioca nella costruzione pratica di questo mondo?

Occupiamo un posto nel mondo che favorisce la dispersione e la solitudine dei singoli? O che incrementa i legami sociali, e le occasioni di solidarietà nella rete delle nostre vite?

Di certo, la transizione storica comporta qualche cambiamento. Anzitutto, muta il modo di “guardare” il mondo che ci circonda – per il quale la formula semplice di causa ed effetto, di origine aristotelica, non vale più, o non basta; e che, appunto, richiede la capacità di valutare l’opportunità di una situazione, di capire le modalità trasformatrici e gli effetti di senso emergenti, le connessioni di un sistema del mondo, la cui struttura genera cambiamenti.

In ogni caso, è meglio farsi un’idea più precisa del mondo che si sta generando, e della “macchina informatica” che lo mette in rete, in connessione.

(3, continua)

4. Sistemi complessi: santità, etica e sistemi sociali

«Fare in modo straordinario una cosa ordinaria», come «camminare insieme», è la santità. Così, per il gesuita, papa Francesco.

Un’attività difficile, la santità. Eppure, nella società della conoscenza – in assenza ancora di valori condivisi – la santità può significare “gestire un processo”, quello della costruzione di un sistema di relazione con gli altri.

Ma in un sistema sociale, la cui estraneità e autonomia si contrappone ai soggetti – e genera un processo profondamente disuguale di accesso alla ricchezza –, l’introduzione di elementi di solidarietà si presenta come un’operazione più complicata.

Si tratta, infatti, di procedere alla costruzione di «un’etica – secondo Giovanni Ferrero – che governi la scoperta di cose oggi ignote»; e cioè la trasformazione, impressa dalle nuove tecnologie, così radicale del mondo richiede una comprensione del mondo che non è disgiungibile, dal problema «politico» di come stiamo nel mondo – da come vogliamo starci insieme.

(4, continua)

5. Modelli di realtà: le tecniche di calcolo e il mondo che ci circonda

Per Giovanni Ferrero, la tecnologia della «macchina informatica», con le sue tecniche di calcolo, non solo modifica il modo in cui stiamo al mondo, ma comporta una «revisione» radicale del modo in cui comprendiamo il mondo – e fin dentro la struttura della materia stessa della realtà che ci circonda.

Per la comprensione della materia del mondo disponiamo di due modelli fondamentali: quello della teoria einsteiniana della relatività e quello della meccanica quantistica. Ma ancora dobbiamo fare i conti con questa eredità teorica:

–  anzitutto, per gestire le conseguenze della trasformazione tecnologica delle condizioni di esistenza, nelle quali gli individui entrano in contatto e producono la loro stessa vita, che quella stessa rivoluzione scientifica continua a generare;
– e, poi, per gestire un mutamento della nostra comprensione del mondo, per il quale la nostra cognizione non è ancora abbastanza attrezzata.

C’è un problema di mutamento di visione, per Giovanni Ferrero, che fa la differenza. E sta in questo: che la “struttura informativa”, l’organizzazione, che della realtà la tecnologia è in grado di catturare, non va guardata solo nel suo dettaglio operativo – non è una questione soltanto tecnica – ma occorre risalire alle premesse culturali che la generano e valutare gli scenari futuri che la sua scoperta rende possibili.

E questo, significa cogliere il nostro coinvolgimento, la nostra responsabilità nell’«organizzazione» di questo mondo. E, questo, è ciò che, per Giovanni Ferrero, una volta si chiamava «politica».

(5, continua)

6. La macchina informatica, tra economia della conoscenza e cazzeggio

Che l’attività creativa sia una manifestazione concreta di una ricchezza reale, è una cosa ovvia. Forse lo è un po’ meno, che il suo esercizio possa essere inteso a misura di «cazzeggio», appunto, e cioè senza altra dimensione che la produzione della totalità dell’individuo e della pienezza delle sue relazioni, della sua stessa socialità.

Quindi, a immagine di un mondo in cui l’intera economia della conoscenza, la sua ricchezza, si presenta non più come scopo della produzione e la produzione come scopo dell’essere umano. Anzi, il contrario.

Che succede se da qualche parte si comincia a costruire un mondo a misura di questa ricchezza reale fine a sé stessa? E che succede se la stessa questione, radicalmente umanista, dell’economia della conoscenza diviene, come prospetta Giovanni Ferrero, «macchinabile»?

Quali condizioni genera la «macchina informatica» a livello di vita quotidiana? E a livello della vita stessa della mente?
Da che cosa, allora, bisogna partire per capirne qualcosa?

(6, fine)

7. Appendice – Del bilancio dello stato (ita) e di altre faccende politiche

Ovvero della difficoltà di guardare al futuro. Almeno, fino a che lo sviluppo della società – qui quella italiana – continua a essere misurata su di un metro già dato.

Per Giovanni Ferrero, l’incapacità di uscire da un’impostazione del Bilancio dello Stato, che si mantiene pressoché inalterata dai tempi della ricostruzione postbellica, è appunto il segno di una scarsa lungimiranza, ormai datata, della politica italiana.

Quella del Bilancio di uno Stato non è una lettura innocente. La lettura dei dati, come la ripartizione quantitativa delle voci di spesa, rivela il «patto costituzionale» su cui si regge il legame sociale, e anche generazionale, che tiene insieme la società. E, a quanto sembra, di quest’ultima, la lettura attuale ne annuncia il declino.

Che fare, allora? «Provare a fare seriamente tutto quello che si riesce a fare».

(7, fine)