Il «soggetto ecologico» e i corpi che lavorano

Come si costituisce un «soggetto ecologico»? Se si prova anche solo a considerare un unico parametro critico della crisi ecologica, qual è la CO2, si scopre che questo elemento chimico si presenta come un flusso continuo di incorporazione; l’elemento inquinante attraversa vari stati fisici, dalla sua estrazione dall’ambiente terrestre al lavoro del corpo che lo trasforma, dalla sua circolazione in forma di merce alla sua espulsione nell’ambiente con il consumo. Se quindi si calcola sulla base del consumo finale la produzione di CO2, diviene evidente, per Dario Padovan, che questa ciclicità metabolica della società, così irrefrenabile, è incompatibile con il mantenimento delle condizioni di abitabilità della Terra.

Questa circolarità, governata dall’unico scopo dell’accumulazione di denaro in capitale, non coincide con la rigenerazione delle condizioni di vita della natura. È necessario rompere con questa processualità catastrofica.

La consapevolezza di ciò che la transizione ecologica richiede – una drastica riduzione dei consumi –  si basa quindi esclusivamente su un’antropologia negativa, quella della rinuncia, del sacrificio, della limitazione dei bisogni e dei desideri? Ma anche qual è il limite che il processo di valorizzazione del capitale attraverso la natura trova nella corporeità stessa, nei corpi che lavorano messi a valore?

Qual è il soggetto politico della rivoluzione ecologica? Attraverso quali pratiche di lotta, quali forme di alleanze nella composizione socio-tecnica della riproduzione delle condizioni di vita della società, questo soggetto si costituisce e può diventare l’asse attorno al quale organizzare la politica? E che ne sarà dei flussi di desiderio che attraversano corpi che sono allo stesso tempo biologici, sociali e sessuali?

(5, continua)

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