La vita dell’organizzazione e le dinamiche del desiderio

L’esistenza di un sistema di valori nella vita dell’organizzazione può portare al sacrificio, alla morte per suicidio? Il samurai, il kamikaze o il terrorista sono appunto espressione di una mission organizzativa forte, estrema, della permanenza di un desiderio di coerenza fin dentro la morte.

Ma il desiderio, un dispendio di energia, è soggetto alla variabilità delle circostanze. Può riuscire o può fallire. Al di là della sua natura pulsionale, non interamente dominabile da un individuo, il desiderio ci pone un problema: come decidere cosa fare?
È un problema, come insegna la teoria dell’organizzazione, di valutazione dei costi. Costi di tempo, costi di gestione e di consenso degli altri.

A dircelo, prima ancora che la teoria dell’organizzazione, sono stati i teorici sull’arte della guerra di Sun Tzu, Carl von Clausewitz e, non ultimo, Niccolò Machiavelli. Di cosa ci parlano i loro trattati sull’arte della guerra? Dell’imprevedibilità delle azioni umane.

Il desiderio ci espone alla riuscita o al fallimento. Alla soddisfazione o alla frustrazione. Non tutto dipende da noi, ma l’esito, per dirla con Machiavelli, è da attribuire per metà alla Virtù e per metà alla Fortuna.

NB: Un corollario del problema della decisone interessa la vita democratica di una collettività. In una società democratica è possibile adottare un ordine di preferenze tra diversi ordini di opzioni, di cui ciascun individuo è portatore? È possibile cioè trovare una procedura (per esempio un sistema di voto), più in generale chiamato una funzione di scelta pubblica, che trasformi l’insieme delle preferenze individuali in un ordinamento globale coerente?

Al riguardo, una risposta è quella del “teorema dell’impossibilità di Arrow”.

(4, continua)

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