Vibrazioni condivise

Entrare in un club non è solo rumore e sballo. Neppure una risposta di rabbia, di rassegnazione o di speranza, e neppure di ribellione – come per la musica che va dal blues al punk, e attraversa il rock. A dircelo sono i dj Gandalf, Gambo, Grano, High Files.
Solo, allora, “pressione sonora”, vibrazione a ritmo cardiaco? È questo la musica underground elettronica?

Lo «sfogo» fisico in cui si esprime è qualcosa di più di questo soltanto. Si presenta come un corpo e, insieme, un corpo incarnato, è un corpo sociale. Nella costruzione di spazi condivisi, ciò che si sperimenta è una «riconfigurazione» della soggettività, nella perdita di sé, della propria soggettività, che si fa esperienza collettiva, un entrare in risonanza, in armonia con tutti gli altri.
Dove sta allora il suo messaggio di liberazione?
Dov’è la sua forza di trasgressione? In che consiste la sua pratica di autonomia e di libertà, sottratta alla normalità della vita quotidiana?

Forse è possibile tentare un’ipotesi. Là dove mette in gioco la consolidata opposizione-separazione concettuale tra artificiale e naturale, tra cultura e natura. Lo sforzo di danzare – un’eredità arcaica tribale – è il desiderio stesso come «sentire del corpo», il suo perseverare al di là di ciò che ne ostacola l’espressione.

(2, continua)

Video appartenente alla cena: