In arrivo / Cena Nº40 - Lunedì 15 Maggio 2017

De amore. Il fantasma dell’altro tra desiderio e godimento

con Giovanni Leghissa

Dell’amore, sì, ancora. amoroso,Della nostra insaziabile, ancora, la fame d’amore? Ma di che si compone, di che si alimenta, di che si nutre il desiderio d’amore?

L’esperienza amorosa sembra risalire ancora oggi all’immaginario della poesia provenzale, che  si irradia dal romanzo bretone in poi lungo tutta la tradizione occidentale dell’amore-passione. È, questa, ancora la modalità del nostro sentire e vivere l’amore? Un modello, forse, malato – di una sentimentalità astratta e sofferente, tutta interna all’individuo – che fa dell’amore il desiderio di un’assenza, di una mancanza, un ideale su base negativa, e fa della figura femminile, nella sua esaltazione incorporea, una figura, essa stessa,  dell’assenza.

Alla fine, il desiderio d’amore che altro è se non di vedere riflesso il proprio desiderio, il nel desiderio di un altro? Ma questo esito è inevitabile? È è proprio della natura stessa stessa del desiderio nel suo radicarsi nell’immaginario culturale dell’esperienza d’amore dell’essere umano? O è un’espressione storica, e quindi modificabile, che evidenzia invece un conflitto tra modelli mentali e obblighi sociali, istituzionali dell’esperienza d’amore? ? Almeno, è così dai tempi di Paolo e Francesca (per stare al racconto dell’Inferno dantesco della loro “lussuria d’amore”) a oggi con YouPorn?

Questa sua impronta della “questione d’amore” è davvero inevitabile? L’altro è possibile solo come specchio immaginario, dove si riflette il desiderio di un desiderio? O, invece, è possibile un’alternativa a questa esperienza – di godimento – dell’altro, un esito positivo dell’amore, il suo compiersi nell’incontro con l’altro?

Su questo tema, che “appassiona”, ci sarà modo di imparare qualcosa di più insieme a Giovanni Leghissa.

1. Il desiderio, tra esercizio della sessualità e ordine sociale

Come l’Homo sapiens se la cava, oggi, con il desiderio erotico? Che ne è dell’amore-passione in un contesto sociale, il nostro, di «sessualità diffusa»?

Dall’età neolitica, il problema sembra essere la “difficoltà” (è un eufemismo) di tenere assieme il libero esercizio della sessualità e l’ordine sociale e culturale di qualsiasi formazione storica della civiltà. E ciò, perché la questione della sessualità umana ruota attorno alla dinamica del desiderio, che lega le pulsioni corporee – cui in psicoanalisi con Freud ci si riferisce con il termine «Trieb» – alla loro espressione linguistica, culturale; ha a che fare con quella dinamica immaginativa, la «fantasia», che lega la nostra percezione, la nostra esperienza sensibile, all’universo simbolico, discorsivo – unpassaggio attraverso cui prende forma la nostra esperienza del mondo.

Nella passione amorosa, dunque, è dell’«immagine» dell’altro che ci si innamora? Del bisogno, cioè, di dare corpo, visibilità al desiderio erotico, la cui caratteristica è la sua stessa autoreferenzialità, e che quindi ha poco a che fare davvero con l’altro?
Oggi, allora, la relazione amorosa non può procedere che da questo disincanto? Il che però richiede forse quella ristrutturazione della sfera intima, che Anthony Giddens definisce «relazione pura», basata sulla parità sessuale e affettiva, in una costante «negoziazione» del desiderio erotico che il legame soddisfa, di un «farsi del bene» da parte di eguali, nel contesto della loro vita quotidiana.

Un tale legame di intimità è capace di avere un impatto “liberatorio” anche sul sistema sociale?
«Io credo che la realizzazione dell’uomo sia possibile e che il suo fine storico sia quello di realizzare la comunità umana.» (Angela Volpini)

Un essere di possibilità è, nella visione mistica di Angela Volpini, l’essere umano. Una fede, questa, nell’umanità la cui comprensione è la vera priorità per la storia umana, oggi. Un messaggio liberatorio.
Un messaggio da ascoltare nelle parole di Angela.

Un invito a esplorare più in profondità lo scarto tra la “realtà” e il desiderio, entro cui si compie il processo del nostro «farci» umani.

(1, continua)

2. Dinamica del desiderio e vita amorosa (disastrosa)

L’amore-passione è un’esperienza che non ha la garanzia del successo finale. Sembra, anzi, essere un’esperienza a termine. Il dramma della vita amorosa è proprio questo: un’esperienza invasiva – una malattia, una mania di ispirazione divina per Platone, una forma di nevrosi per Freud –un’esperienza di non-possesso di sé, che lascia profonde tracce di memoria, la storia di un legame, ma appunto di un legame che non è di per sé – a guardare la storia evolutiva di homo sapiens – nato per durare.

Insomma, la forza passionale dell’amore ha il potere di scardinare il controllo della nostra vita cosciente. Ma, allora, come è possibile un’educazione del desiderio? L’invenzione storica, relativamente recente, della coppia monogamica non sembra essere una soluzione.

(2, continua)

3. Desiderio, tra passione e “perversione”

L’esperienza amorosa del desiderio, alla fine, nella sua espressione più irriducibile, sembra essere la questione di una anomalia del soggetto, della sua “perversione”, il fatto, cioè, che il soggetto agente e il soggetto passivo sconfinano l’uno nell’altro, e in modo inestricabile.

Da una parte, il soggetto fa esperienza di un’uscita da sé, di una dilatazione dei confini della propria vita, che, nella sua forma precedente, appare come un artificio vuoto, soggetta a convenzioni sociali e mancante di profondità spirituale, insomma, fa esperienza della propria alterità, nel conferire un senso di pienezza all’esistenza; dall’altra, il soggetto sperimenta la passione [πάθος, pathos], quella forza emotiva che lo consegna alla perdita delcontrollo di sé, al sacrificio del proprio io, capace di innalzarlo a un godimento più grande o di abbatterlo nel dolore della sua stessa perdita.

Ma, allora, l’esperienza del desiderio altro non è che il paradosso di un potente autoinganno, una «trappola»?

(3, continua)

4. Il desiderio è l’“imprendibile” dell’incontro erotico

Che ci rivela il desiderio sessuale? Nella ricerca più intensa di contatto con l’altro, per Giovanni Leghissa, facciamo esperienza di ciò che dell’esperienza erotica – dell’amore – è l’«imprendibile», il non-dominabile dell’esperienza di sé e dell’altro.

E forse, a partire da qui, dall’accettazione di «come siamo fatti», in forza dell’esperienza del desiderio, si aprono spazi di liberazione per l’individuo – del femminile e del maschile –  di come vivere l’amore senza paura.

(4, continua)

5. Ancora la potenza rivoluzionaria dell’amore?

Il desiderio amoroso si rivela per l’individuo un’esperienza profondamente perturbante. La storia della letteratura amorosa, che testimonia delle mutazioni di questa passione, proprio nelle sue formule ricorrenti, ci dice che è da riguardare come interazione sociale fondamentale, soggetta a una tensione comune: tra passione distruttiva e potenza liberatoria (rivoluzionaria?), per sé stessi e per la società stessa.
Quale ne sia l’esito resta un interrogativo.

Qualche dubbio è emerso circa le idee sull’amore che quella storia ci ha lasciato in eredità, e soprattutto verso la più recente, quella dell’amore romantico, senza che tuttavia si prospetti ancora una concezione alternativa che sappia dare forma, oggi, a ciò che è l’energia del desiderio, a quella pulsione corporea, a quell’«ancora…» con cui, in determinati momenti della nostra vita, si reclama la presenza di qualcuno/a che a sua volta, ma non sempre, ci reclama.

(5, fine)

6. Appendice – Del desiderio… (da Lacan a Sade)

Una definizione e una pratica del desiderio. L’una, di Jacque Lacan, per la pratica analitica del profondo; l’altra, di D.A.F. de Sade, il Divin Marchese, per l’utopia politica della convivenza. Un punto di partenza per esplorare alla radice quella particolare interazione sociale che è la vita del desiderio erotico.

(6, fine)