In arrivo / Cena Nº98 - Venerdì 6 settembre 2024

I motori della rivoluzione

con Elena Forno

Rivoluzione nella Storia e nelle storie, per ragionare su alcuni momenti della contemporaneità ed i suoi temi in chiave narrativa attraverso i racconti I motori della rivoluzione. A cosa serve la storia? Parleremo di storia come “magistra vitae” per comprendere il passato e leggere il presente, e proveremo a farlo parlando di rivoluzione e di rivoluzioni.

Partendo dalla lettura di brani del  libro, il  racconto e l’indagine storica si uniscono e danno vita ad una raccolta di sei momenti storici in cui esplorare il tema della rivoluzione come motore di cambiamento umano e sociale. La rivoluzione come cambiamento e motore, ma anche come chiave di lettura di temi sociali politici culturali di cambiamento legati alla contemporaneità.

Insieme a Elena Forno*, che è una storica contemporanea, ci divertiremo a giocare con la Storia – che l’autrice tanto ama – e in un gioco di immaginazione scopriremo che spostando però luoghi, tempi e personaggi, inventando protagonisti e sviluppandone le peripezie, le storie servono a raccontare emozioni. Così il viaggio di Che Guevara e Granado in motocicletta in Sud America avviene durante la dittatura di Videla e non nel 1952, la storia (inventata) del postino di Mao ha dei collegamenti con i fatti di piazza Tienanmen, Saint-Exupery incontra Garcia Lorca, un anziano afroamericano racconta al nipote i suoi legami con Harriet Tubman e così via, unendo personaggi ed emozioni, rivoluzioni e motori.

* Elena Forno è nata e vive a Torino. Laureata in Storia Contemporanea, lavora in ambito amministrativo presso UniTo. Nel 1995 ha vinto il primo premio in occasione del cinquantesimo anniversario della Resistenza con il testo teatrale L’ora del lupo. È regista e attrice teatrale, soprattutto in ambito civile, e svolge laboratori per i giovani. Dal 2017 collabora con Orme Scuola di Arti Sceniche e Impegno civile.
Nel 2017-2018, con Asai, ha preso parte a un progetto di integrazione dei giovani nelle periferie urbane, nell’ambito del doposcuola di aggregazione di Mirafiori Sud. È stata fondatrice e presidente dell’associazione Primavera Pajetta, comitato civico per il recupero di spazi, luoghi e tempi urbani sul territorio di Mirafiori, e ha contribuito alla nascita di Historia Magistra, associazione culturale per il diritto alla storia.

1. Il primo racconto: parlare di storia e continuare a immaginare la rivoluzione

Oggi, di rivoluzione non si parla più. Perché allora, nell’intreccio di un racconto, collegare l’esistenza quasi ordinaria – come lo è la vita di ognuno – di personaggi minori con la vita di personaggi storici, la cui biografia è segnata da una svolta, la scelta, dal gesto all’impresa, dell’azione rivoluzionaria?

Forse perché aprire al “senso della possibilità” è il ruolo stesso della “finzione”, dell’immaginazione letteraria? Contro gli orrori del mondo esistente occorre fare oggetto di riscoperta il desiderio di cambiamento, per cui, se una cosa è com’è, “be’, probabilmente potrebbe anche essere diversa” (R. Musil).

Uscire da uno stato di acquiescenza di fronte alla “realtà” in direzione di un cambiamento è una disposizione rivoluzionaria, il cui “motore”, per Elena Forno, si applica anzitutto alla capacità di rendere diversamente significativa la nostra esperienza – come accadde a Ernesto Che Guevara nel corso del viaggio in Alta Gracia (Argentina) sulla Poderosa II insieme all’amico Alberto Granado.

(1, continua)

2. “Da cosa sei partita nei tuoi racconti?”: intrecci di fantasia tra storia, storie e formazione biografica

Il libro I motori della rivoluzione è una raccolta di sei storie, dove l’indagine storica si intreccia alla “finzione letteraria”, al racconto. Nelle storie, il punto di partenza, per Elena Forno, è per vocazione sempre un intreccio di fantasia. L’intervento della Storia è parte della sua formazione di storica contemporaneista, che nella sua vicenda biografica – l’incontro di “maestri”, importanti punti di riferimento – si è da sempre accompagnata sia a quella letteraria, sia a quella teatrale.

Al centro dei racconti il tema della rivoluzione. Un ripartire dalla Storia per “ragionare su temi politici”, come occasione di confronto tra generazioni, per catturarle alla lettura e a un progetto di rivoluzione dal basso.

(2, continua)

3. Da dove origina una militanza collettiva per il cambiamento sociale?

Una chiave di lettura del libro I motori della rivoluzione è l’amicizia, la fratellanza. Una creazione di empatia, è ciò di cui c’è bisogno per un cambiamento radicale? Per Elena Forno, «l’amicizia – la fratellanza – è una virtù che va mantenuta viva tutta la vita» – che non è solo un privilegio dell’età adolescenziale o della gioventù – e «va mantenuta nelle azioni quotidiane e politiche», per dare vita a una militanza collettiva.

Ma oggi è difficile, pur di fronte agli orrori del mondo, attivare una capacità di azione comune. Quali sono allora le condizioni che permettono la connessione tra bisogno individuale di cambiamento – perché le cose così come sono non vanno bene – e soluzioni collettive a questo bisogno? Come superare una cultura dell’individualismo, esaltato come unico valore, che consegna la vita individuale alla solitudine?

Forse però siamo in presenza di una nuova fase di resistenza, una nuova fase costituente, di cui i giovani possono essere protagonisti. Solo i giovani possono riuscire a fare «un passaggio intelligente, dal possesso alla condivisione, all’utilizzo», perché solo il cambiamento nel sistema di proprietà delle relazioni sociali può essere la condizione della salvezza dal disastro annunciato. Ed è solo una questione di tempo.

Si tratta per il momento  di «ricominciare dalla cultura», di esercitare «una resistenza attraverso la cultura storica, viva e attiva, e non revisionista come quella attuale», quale eredità simbolica che nel passaggio generazionale rappresenta «un patrimonio culturale di condivisione di una tradizione», per riuscire così a conservare una domanda di futuro migliore.

(3, continua)

4. La rivoluzione è possibile: un senso di comunità non si è mai perso

Può esserci un progetto di rivoluzione senza una visione di futuro? Come è possibile immaginare un’alternativa, il futuro di un mondo migliore possibile, se si pretende di risolvere la crisi ecologica perpetuando nel presente un sistema di governo del mondo che continua a generarla?

Perché allora tornare al passato, perché parlare di storia? Se quel passato, in ultimo, ci consegna il senso di una mancanza di alternativa, la visione storica finisce per risultare un’eredità frustrante per le nuove generazioni.
Per Elena Forno, un «approccio diverso a quello che c’è» – un cambio di paradigma: trovare nel passato un punto di riferimento diverso, è possibile. E, infatti, per il giovane Andrea Argena, il trionfo dell’individualismo è alla sua fine, e  «quel senso di comunità, di un pensare insieme a un’alternativa, non si è mai perso», «la possibilità di un’alternativa di un mondo migliore, non è mai veramente morta» nel corso della storia.

La rivoluzione è quindi possibile. È la stessa natura sistemica, e globale, della crisi a svelare che le grandi questioni – dalla giustizia climatica alla giustizia sociale, da quella di genere a quella razziale – non solo si tengono insieme, ma che la loro soluzione richiede la riscoperta della dimensione comunitaria, un senso di comunità.

Per Elena Forno, allora, occorre ripartire da «una cultura della fratellanza, dell’empatia, del capire che, se non è per tutti, non è per nessuno» – un approccio alla cultura come curiosità, come modo per crescere, alternativo a quello oggi pervasivo della cultura come intrattenimento*. Un approccio politico alla cultura, che rinvia a quel senso di responsabilità, di partecipazione attiva, per cui esiste un’eredità storica – quella delle istituzioni democratiche – che è ancora da portare a compimento, «per non far sentire soli i soggetti» attivi nei processi di emancipazione.

* Vedi Cena 92°: L’educazione sentimentale – con Gabriele VacisVideo n°. 5: La “scuola” della tragedia greca: la regola e l’eccezione, e il patriarcato.

(4, continua)

5. Di quale motore della rivoluzione, di quale consapevolezza abbiamo bisogno?

Un’incertezza radicale paralizza il presente e l’immaginazione di un futuro. Dopo che dello stato attuale del mondo si è data una spiegazione a partire dalla sua origine storica – la sua dinamica si configura in prevalenza come “struttura” economica, come processo di accumulazione capitalistica della ricchezza; dopo che della condizione di esistenza dell’individuo si è data una definizione che la riconduce a quella dinamica complessiva, ormai globale – la sua misura è data dal denaro e dalla ricchezza monetaria disponibile; dopo tutto questo, alla vita singola come luogo di azione – “che cosa faccio” – quale margine di possibilità rimane per tentare di cambiare il mondo?

Dove sta il motore della rivoluzione, oggi? Chi esercita, e su cosa la si esercita, la critica del presente? Oltre alla cognizione di un mondo da cambiare – consapevolezza che non basta a interrompere il flusso dentro cui il mondo continua a funzionare – di cos’altro c’è bisogno per produrre un effettivo cambiamento, una sua trasformazione?

Dove sta il punto di applicazione del cambiamento? Se sta in ciò che tiene insieme le nostre vite, le condizioni sociali della nostra esistenza, e la comune subordinazione ad esse ne dimostra la sussistenza – come dice Andrea Argena, “siamo parte del problema” – allora la questione è riuscire a pensare un processo di cambiamento come qualcosa che in senso forte “non si può fare da soli”. E che sta oltre la ricerca di una sopravvivenza individuale o collettiva, secondo una più o meno congruente alternativa culturale al mondo, che per altro continua la sua corsa così com’è.

Per Elena Forno, il punto di partenza è quella condizione di base «che è dentro a tutti» e che consiste in quella modalità di relazione che si stabilisce tra chi ha bisogno e chi ha la capacità – di soddisfare quel bisogno. È l’esperienza rivoluzionaria del Che, il quale «di fronte a cose molto semplici», la situazione miserevole di alcuni malati di lebbra, un’esperienza drammatica di bisogno, ha condiviso le sue capacità di studente di medicina.

(5, continua)

6. Historia magistra vitae: cosa ci insegna la storia?

Forse la storia o, meglio, quella «durata» della realtà sociale, “cioè quel tempo molteplice e contradditorio della vita degli uomini, che non è soltanto sostanza del passato, ma trama della vita sociale in atto” (Fernand Braudel), mal si concilia con l’urgenza di cambiare il mondo. Ma oggi alla varietà del tempo sociale, “quell’intima e reiterata relazione” tra l’istante dell’evento e la lentezza dei processi di trasformazione, occorre aggiungere la consapevolezza di una temporalità geologica – l’Antropocene – che per la sua accelerazione da sfondo si fa figura sconvolgente della realtà sociale, e obbliga a ragionare sul tempo del cambiamento nella sua urgenza, e al presente.

Intanto, per Elena Forno bisogna ritornare sui libri di storia, a studiare la storia dei movimenti, portatori di cambiamento e di innovazione istituzionale. E, in particolare, il movimento della Resistenza, perché ha dato vita a un progetto di convivenza sociale, ancora da portare a compimento, quello della democrazia come partecipazione attiva, a tutti i livelli della vita sociale. E se qualcosa ci insegna la Storia, è proprio quel senso di responsabilità profonda che è la cittadinanza attiva – la responsabilità di un “fare storia”.

Il tema della rivoluzione rimane quindi attuale. Ma quale rivoluzione è possibile? Quale «il motore che dà la spinta a tutti i cambiamenti»? Una sua possibile metafora ce la consegna alla fine del libro lo street artist Giacomo Bisotto (Gec Art), nella sua interpretazione della mappa della Underground Railroads*: il disegno di un cuore, forse una metafora un po’ romantica.

* Underground Railroads, Ferrovia Sotterranea, era una rete informale di itinerari segreti e luoghi sicuri utilizzati dal XIX secolo dagli schiavi afroamericani negli Stati Uniti d’America, per fuggire negli “Stati liberi” e in Canada con l’aiuto degli abolizionisti, solidali con la loro causa. Altri percorsi conducevano in Messico o addirittura oltreoceano. Il termine veniva applicato anche agli abolizionisti che aiutavano i fuggitivi (da Wikipedia).

(6, fine)

7. I motori della rivoluzione – Momento conviviale 1

Una nota storico-biografica

Elena Forno: – Forse io sono stata concepita da queste parti… Io sono nata a Porta Palazzo. Che, secondo me, è il centro del mondo.

8. I motori della rivoluzione – Momento conviviale 2

A proposito di democrazia: il dissenso a tavola

Renzo Ginepro: – Avete visto quel che è successo in Francia nel dopo-elezioni legislative (giugno-luglio 2024) a proposito di simulacro della democrazia?  […] Nel cuore dell’Europa accade un fatto assolutamente mostruoso dal punto di vista dei meccanismi democratici: chi ha vinto le elezioni non ha avuto la possibilità, nelle forme istituzionali possibili – la formazione di un governo di minoranza da sottoporre al vaglio del parlamento, dell’Assemblea Nazionale – di ottenere la possibilità di governare, di fare il governo. Mi sembra che [la cosa] sia scoraggiante rispetto ai temi della cittadinanza attiva…